Samir Kassir, nelle pagine 133 e 134 del suo libro "Beirut" (Einaudi 2009), dà un giudizio sulle "Tanzimat", cioè le riforme che i sultani ottomani promulgarono nel 19° Secolo per modernizzare il loro impero.
(quote)
Col procedere delle Tanzimat, le città appaiono come lo spazio privilegiato in cui si rivelano le molteplici sfaccettature di una rivoluzione dall'alto che non può spiegarsi con le sole pressioni occidentali. Riformulando i rapporti tra sultano e sudditi, adesso uguali nei diritti, rinnovando il sistema giuridico per adattarlo allo sviluppo del capitalismo, modernizzando l'apparato dello Stato e, quindi, la società, una simile rivoluzione mirava a rifondare un impero che non poteva più ridursi a un immenso dominio fiscale né a una macchina da guerra. Al di là delle misure amministrative che tendevano a dotare lo stato di strumenti specializzati (dipartimenti ministeriali, tribunali civili, filiere di formazione ...), ciò che le Tanzimat modificavano era la vocazione stessa dell'attore statuale, chiamato a rispndere ai bisogni della propria popolazione e a pianificarne il soddisfacimento. Anche il ripristino dell'autorità ottomana, che era una delle principali scommesse della riforma, andava nel senso di una razionalizzazione del governo della città. A questo punto occorreva che una nuova fonte di legittimità compensasse il soqquadro nell'ordine simbolico vissuto dall'impero: nel momento in cui l'islam cessava di essere il fondamento unico del potere imperiale, la gestione volontaristica dello Stato faceva prevalere una rappresentazione della cosa pubblica tesa ad alimentare l'osmanlilik, in altre parole la nazionalità ottomana attorno a cui doveva coagularsi il consenso della popolazione.
(unquote)
Ricordo che Kassir è (anzi, era, perché è stato assassinato nel 2005) cristiano greco-ortodosso, e non aveva motivo alcuno di fare l'apologia dell'islam.
Eppure non può non notare che le Tanzimat portarono l'eguaglianza dei diritti dei cittadini - cosa che implicava un'interpretazione dell'islam che la consentisse, visto che i sultani che promossero le Tanzimat non per questo cessavano di essere califfi (cioè vicari di Maometto).
Gli studiosi del diritto islamico avvertono che la diseguaglianza tra i mussulmani e le varie categorie di non-mussulmani è uno dei pilastri della Shari'a, e quindi le Tanzimat andrebbero classificate semmai nel qanun - ovvero tra i decreti del sovrano, non necessariamente ispirati alla Shari'a o compatibili con essa; però questo link, che riporta un estratto dell'Editto di Gulhane del 1839, mostra che il sultano Mahmud 2° ebbe cura di presentare l'innovazione come un ristabilimento della Shari'a che negli ultimi 150 anni era stata disapplicata - e nessuno osò contraddirlo.
Lo stesso autore che distingue tra "Shari'a" e "Qanun", Sami A. Aldeeb Abu-Shahlieh, fa però notare a pagina 318 del suo libro "Il diritto islamico" (Carocci 2009) che il "consenso" (che può essere espresso dal sovrano a nome del popolo) può abrogare una norma coranica, come è accaduto appunto quando il sultano e califfo Abdulmejid abrogò la jizya (la tassa sui non mussulmani) nel 1855.
Secondo Wikipedia, la piena uguaglianza dei cittadini davanti alla legge fu sancita da Abdul Mejid nel 1856 - meno di settant'anni dopo il 1789.
Ne deduco che non è da oggi che è possibile interpretare l'islam in modo compatibile con l'eguaglianza dei cittadini davanti alla legge - e la costituzione egiziana, che stabilisce all'articolo 2 che la Shari'a (la legge islamica) è la principale fonte del diritto, ed all'articolo 40 che tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge, non dice in realtà nulla di straordinario - le due cose non sono affatto incompatibili.
Straordinario è invece il modo in cui si cerca di sobillare la gente contro l'islam approfittando della sua ignoranza.
Ed in questo purtroppo si distinguono molte persone che si dichiarano amiche di Israele, e non sono capaci di spiegare come mai nel 1992 la Knesset riuscì ad approvare un'importante legge fondamentale sui diritti umani, ma non poté arrivare al traguardo che Abdul Mejid aveva tagliato nel 1856, perché i partiti religiosi ritenevano (e ritengono tuttora) l'eguaglianza dei cittadini davanti alla legge incompatibile con la loro visione dell'ebraismo.
Gli israeliani dicono che il loro paese è "uno stato ebraico e democratico", ma non si tratta di un'endiadi, bensì del manifesto di un torneo di pugilato, ovvero dell'ammissione che ebraismo e democrazia sono scarsamente compatibili, e rendere entrambi la fonte dei valori di un paese richiede notevoli contorsioni intellettuali e qualche compromesso di troppo - a danno dei non ebrei, ovviamente.
giovedì 28 gennaio 2010
Da un libro di Samir Kassir - 1
Leggete questo brano di pagina 99 del libro “Beirut” di Samir Kassir (Einaudi 2009):
(quote)
L’attenzione egiziana non si concentrò solo sulla città propriamente detta, ma si rivolse anche al porto per il quale la costruzione, a partire dal 1834, di un lazzaretto si rivelò una vera manna. Il colpo di fortuna era indiscutibile: nel caso, un concorso di circostanze fece beneficiare Beirut della preoccupazione egiziana per l’igiene pubblica. La volontà di Ibrahim Pascià, appoggiato dai consoli stranieri, di allestire una rete di quarantene che coprisse tutta la Siria per porre freno alle epidemie suscitò l’ostilità dei religiosi. A Damasco, gli ulema fecero una petizione sostenendo, in particolare, che la privazione della libertà senza una motivazione di carattere penale sarebbe stata contraria ai precetti dell’islam, e per le stesse ragioni i notabili di Tripoli rifiutarono l’istituzione di una quarantena marittima. Fu così presa la decisione di installarla nei pressi di Beirut dove l’influenza degli ulema era minore, e si scelse un sito decentrato ma non troppo, in punta alla baia di San Giorgio, sul capo Khodr. La zona, in seguito integrata a Beirut, manterrà il nome di Karantina, ovvero La Quarantaine.
(unquote)
Samir Kassir è stato uno storico, giornalista e politico libanese di prim’ordine, purtroppo assassinato nel 2005. Un amico libanese ha detto che era un uomo eccezionale e che è un peccato che sia stato ucciso, anche se il mio amico è mussulmano sciita e Kassir era cristiano greco-ortodosso.
Al di là di questa dimostrazione di come si possa non lasciarsi appannare il giudizio dalle proprie appartenenze confessionali, penso che avrete capito che per me il periodo più importante del brano era:
“A Damasco, gli ulema fecero una petizione sostenendo, in particolare, che la privazione della libertà senza una motivazione di carattere penale sarebbe stata contraria ai precetti dell’islam, e per le stesse ragioni i notabili di Tripoli rifiutarono l’istituzione di una quarantena marittima.”
Credo che l’obiezione sia stata superata, e che ora nessuno si opponga all’isolamento di chi potrebbe avere una malattia contagiosa; però era un’obiezione assai nobile che mi permette due osservazioni.
La prima è che dà ragione a coloro che avvertono che i mussulmani che vogliono che la fonte del diritto del loro paese sia la Shari’a non lo fanno necessariamente per fanatismo religioso, ma perché si sono resi conto che nei loro paesi la modernizzazione non ha portato la democrazia, ma un apparato repressivo più efficiente ed una corruzione più sistematica – ed ha privato il loro sistema politico dei limiti che la tradizione islamica (espressa anche dall’obiezione citata) imponeva al potere del sovrano.
La seconda è che io non voglio che uno stato sia governato da un diritto a base religiosa, perché la parte di questo diritto che viene fatta risalire direttamente alla Rivelazione può dimostrarsi irriformabile; però, se vogliamo che un sistema giuridico laico sia un progresso, occorre che esso dimostri una sensibilità per i diritti delle persone almeno pari a quella dei suoi concorrenti a base religiosa - e non è detto che sia una concorrenza scadente.
(quote)
L’attenzione egiziana non si concentrò solo sulla città propriamente detta, ma si rivolse anche al porto per il quale la costruzione, a partire dal 1834, di un lazzaretto si rivelò una vera manna. Il colpo di fortuna era indiscutibile: nel caso, un concorso di circostanze fece beneficiare Beirut della preoccupazione egiziana per l’igiene pubblica. La volontà di Ibrahim Pascià, appoggiato dai consoli stranieri, di allestire una rete di quarantene che coprisse tutta la Siria per porre freno alle epidemie suscitò l’ostilità dei religiosi. A Damasco, gli ulema fecero una petizione sostenendo, in particolare, che la privazione della libertà senza una motivazione di carattere penale sarebbe stata contraria ai precetti dell’islam, e per le stesse ragioni i notabili di Tripoli rifiutarono l’istituzione di una quarantena marittima. Fu così presa la decisione di installarla nei pressi di Beirut dove l’influenza degli ulema era minore, e si scelse un sito decentrato ma non troppo, in punta alla baia di San Giorgio, sul capo Khodr. La zona, in seguito integrata a Beirut, manterrà il nome di Karantina, ovvero La Quarantaine.
(unquote)
Samir Kassir è stato uno storico, giornalista e politico libanese di prim’ordine, purtroppo assassinato nel 2005. Un amico libanese ha detto che era un uomo eccezionale e che è un peccato che sia stato ucciso, anche se il mio amico è mussulmano sciita e Kassir era cristiano greco-ortodosso.
Al di là di questa dimostrazione di come si possa non lasciarsi appannare il giudizio dalle proprie appartenenze confessionali, penso che avrete capito che per me il periodo più importante del brano era:
“A Damasco, gli ulema fecero una petizione sostenendo, in particolare, che la privazione della libertà senza una motivazione di carattere penale sarebbe stata contraria ai precetti dell’islam, e per le stesse ragioni i notabili di Tripoli rifiutarono l’istituzione di una quarantena marittima.”
Credo che l’obiezione sia stata superata, e che ora nessuno si opponga all’isolamento di chi potrebbe avere una malattia contagiosa; però era un’obiezione assai nobile che mi permette due osservazioni.
La prima è che dà ragione a coloro che avvertono che i mussulmani che vogliono che la fonte del diritto del loro paese sia la Shari’a non lo fanno necessariamente per fanatismo religioso, ma perché si sono resi conto che nei loro paesi la modernizzazione non ha portato la democrazia, ma un apparato repressivo più efficiente ed una corruzione più sistematica – ed ha privato il loro sistema politico dei limiti che la tradizione islamica (espressa anche dall’obiezione citata) imponeva al potere del sovrano.
La seconda è che io non voglio che uno stato sia governato da un diritto a base religiosa, perché la parte di questo diritto che viene fatta risalire direttamente alla Rivelazione può dimostrarsi irriformabile; però, se vogliamo che un sistema giuridico laico sia un progresso, occorre che esso dimostri una sensibilità per i diritti delle persone almeno pari a quella dei suoi concorrenti a base religiosa - e non è detto che sia una concorrenza scadente.
lunedì 25 gennaio 2010
Nuovo viaggio in Egitto
Questo secondo viaggio in Egitto si è svolto soprattutto ad Al-5ordoqa, più nota all'estero come Hurghada, con due escursioni, una ad Al-Uksur (Luxor) ed una ad Al-Qahira (il Cairo).
Poiché questo mese l'Egitto è finito sotto i riflettori soprattutto a causa dell'attacco di Nagaa Hammadi, in cui una squadraccia di mussulmani volle vendicare a modo suo lo stupro di una ragazzina della loro fede compiuto da un cristiano sparando ai fedeli che uscivano dalla messa di mezzanotte del Natale copto il 6 Gennaio, ed uccidendo così sei cristiani ed un poliziotto mussulmano di guardia, i miei amici cairoti hanno voluto rassicurarmi che non è questo lo spirito dell'islam.
Alcune considerazioni interessanti sull'argomento le potete già leggere nei seguenti articoli di Weekly El-Ahram, l'edizione settimanale in inglese del quotidiano Al-Ahram:
[1] http://weekly.ahram.org.eg/2010/982/fr1.htm
[2] http://weekly.ahram.org.eg/2010/982/eg7.htm
[3] http://weekly.ahram.org.eg/2010/982/op2.htm
[4] http://weekly.ahram.org.eg/2010/982/op3.htm
Il contenuto di questi articoli si può così riassumere: il governo egiziano non vuole in alcun modo alimentare una caccia al copto, ed anzi vuole che tutti gli intellettuali del paese si impegnino per impedire che il paese si spacchi in blocchi religiosi. L'Assemblea del Popolo ha chiesto al governo di fondare un Alto Consiglio della Cittadinanza, per insegnare agli egiziani a ritenersi innanzitutto cittadini e poi fedeli di una particolare fede - contribuendo così a scongiurare questo pericolo.
Purtroppo, tra il volere ed il potere spesso c'è una gran differenza, costituita da alcune leggi discriminatorie, e dall'insensibilità di alcuni funzionari pubblici, come quella di cui è stato accusato il governatore della provincia di Qena (in cui si trova Nagaa Hammadi), che non avrebbe saputo capire quel che bolliva in pentola ed intervenire tempestivamente. La cosa più curiosa è che il governatore sotto accusa, Magdi Ayoub, è copto - e non può quindi essere accusato di parzialità nei confronti dei mussulmani.
Alcuni dei presunti autori della sparatoria sono stati già arrestati, e si spera che paghino in proporzione alle loro colpe - non siamo di fronte ad una riedizione del copione dei pogrom russi contro gli ebrei.
Purtroppo, nello stesso rapporto in cui si chiedeva l'istituzione dell'Alto Consiglio della Cittadinanza, si è cercato anche di ridurre la portata dell'incidente di Nagaa Hammadi sostenendo che si è trattato di un isolato atto di vendetta, e non di un episodio di una guerra civile tra opposte religioni.
Che non siamo alla guerra civile posso anche crederci; ma che l'iniziativa della l'abbiano presa delle persone che con la vittima hanno in comune soltanto la religione, e si siano rivolte contro persone che soltanto la religione hanno in comune con il colpevole, va oltre i limiti canonici della vendetta, ed indica che quest'azione si è contaminata di odio religioso - un'anomalia assai grave.
Né mi è piaciuto il modo risentito in cui l'Assemblea ha reagito alla sessione del Parlamento Europeo dedicata ai fatti di Nagaa Hammadi: il ministro degli esteri egiziano ha giustamente chiesto conto all'Italia di quel che è accaduto a Rosarno; il resto del mondo ha perciò pieno diritto di chiedere conto all'Egitto di quel che è accaduto a Nagaa Hammadi.
Da un punto di vista non più politico, ma religioso, è interessantissimo l'articolo [3], in cui si ricorda un episodio della vita di Maometto: il monastero di Santa Caterina nel Sinai chiese a Maometto la sua protezione inviandogli nel 628 una delegazione. Maometto rispose con questa promessa:
(quote)
Questo è un messaggio di Mohamed Ibn Abdullah, come patto verso coloro che adottano il cristianesimo, vicini e lontani, e noi siamo con loro.
Davvero io, i servi, gli aiutanti, ed i miei seguaci li difendiamo, perché i cristiani sono i miei cittadini; e, per Dio! mi oppongo a qualsiasi cosa dispiaccia loro.
Non ci sia imposizione nella religione. Né si rimuovano i loro giudici dal loro ufficio, né i loro monaci dai loro monasteri. Nessuno deve distruggere una casa della loro religione, danneggiarla, o portar via alcunché da lì per portarla nelle case dei mussulmani.
Se qualcuno facesse una di queste cose, violerebbe il patto di Dio e disobbedirebbe al suo profeta. In verità, essi sono i miei alleati ed hanno il mio sicuro statuto contro tutto ciò che odiano.
Nessuno deve forzarli a viaggiare od obbligarli a combattere. Sono i mussulmani a dover combattere per loro. Se si sposa una donna cristiana ad un mussulmano, questo non deve avvenire senza l'approvazione di lei. Non le deve essere impedito di visitare la sua chiesa per pregare. Le loro chiese devono essere rispettate. A loro non si deve impedire di ripararle, né di rispettare la sacralità dei loro patti.
Nessuno della nazione [mussulmana] dovrà disobbedire al patto fino all'ultimo giorno [cioè alla fine del mondo].
(unquote)
Questa promessa di Maometto fa parte della Sunna, ed i mussulmani che attaccano i cristiani in quanto tali sono perciò dei pessimi mussulmani.
A questo posso aggiungere quel che ho udito dall'imam di una moschea del rione di Shoubra al Cairo. Questo rione ha una notevole presenza cristiana, tanto che una delle sue chiese (Santa Teresa del Bambin Gesù) è l'unico luogo di culto cairota che ha dato il suo nome ad una stazione della metropolitana. Uno dei fedeli di questa chiesa, conosciuto grazie ad una comune amica, mi ha fatto visitare la vicina moschea di Hageen, di epoca mamelucca, e parlare con il suo imam.
Questi mi ha confermato che l'islam prescrive di trattare i cristiani da amici, e sono pessimi mussulmani quelli che se ne scordano. Il mio accompagnatore ha aggiunto, col consenso dell'imam, che l'islam considera ogni persona uguale davanti a Dio, indipendentemente da sesso, razza e fede. Quindi, non bisogna attribuire i misfatti di Nagaa Hammadi all'islam.
Se a livello ufficiale c'è quindi la più completa disapprovazione delle violenze contro i cristiani, a livello sociale le cose non sono così semplici. Se volete essere portati ad una chiesa cristiana, vi conviene scegliere un tassista copto, non uno mussulmano - e non è esperienza che ho fatto solo io; se volete chiedere ad un pedone informazioni in proposito, chiedetele ad una donna senza velo, perché potrebbe essere cristiana, ed interessata perciò a darvi l'informazione anziché tacerla o, peggio ancora, sviarvi con un'indicazione errata.
Una mia amica mussulmana non porta il velo (è obbligatorio solo durante la preghiera), e mi ha riferito che si era recata una volta a Nagaa Hammadi, dove era stata trattata piuttosto male perché scambiata per una cristiana. Come se l'essere cristiani fosse un buon motivo per essere bistrattati!
Non mancano coloro che odiano i cristiani in Egitto, purtroppo. Negli articoli del Weekly Al-Ahram si tentano alcune analisi di questo fenomeno, che sembra risalire, in ultima analisi, allo choc patito da tutto il mondo arabo dopo la sconfitta del 1967.
Anche il vincitore di quella guerra fu invaso da una sorta di fanatismo che persiste tuttora e complica ogni tentativo di risolvere il conflitto israelo-palestinese.
Per quanto riguarda l'escursione ad Al-Uksur, l'unica cosa che val la pena di riferir qui è che di fronte al tempio di Karnak, ed accanto agli uffici del governatorato, svetta l'insegna della Società Biblica d'Egitto, che appartiene ad una rete il cui compito è diffondere la Bibbia nel mondo.
Se nessuno, privato od istituzione, ha molestato quella società, vuol dire che un minimo di libertà religiosa in Egitto c'è. E non sarebbe una cattiva idea parlare dei mussulmani e dei loro paesi dopo averli conosciuti e visitati, e non sulla base di ipostasi librarie.
Poiché questo mese l'Egitto è finito sotto i riflettori soprattutto a causa dell'attacco di Nagaa Hammadi, in cui una squadraccia di mussulmani volle vendicare a modo suo lo stupro di una ragazzina della loro fede compiuto da un cristiano sparando ai fedeli che uscivano dalla messa di mezzanotte del Natale copto il 6 Gennaio, ed uccidendo così sei cristiani ed un poliziotto mussulmano di guardia, i miei amici cairoti hanno voluto rassicurarmi che non è questo lo spirito dell'islam.
Alcune considerazioni interessanti sull'argomento le potete già leggere nei seguenti articoli di Weekly El-Ahram, l'edizione settimanale in inglese del quotidiano Al-Ahram:
[1] http://weekly.ahram.org.eg/2010/982/fr1.htm
[2] http://weekly.ahram.org.eg/2010/982/eg7.htm
[3] http://weekly.ahram.org.eg/2010/982/op2.htm
[4] http://weekly.ahram.org.eg/2010/982/op3.htm
Il contenuto di questi articoli si può così riassumere: il governo egiziano non vuole in alcun modo alimentare una caccia al copto, ed anzi vuole che tutti gli intellettuali del paese si impegnino per impedire che il paese si spacchi in blocchi religiosi. L'Assemblea del Popolo ha chiesto al governo di fondare un Alto Consiglio della Cittadinanza, per insegnare agli egiziani a ritenersi innanzitutto cittadini e poi fedeli di una particolare fede - contribuendo così a scongiurare questo pericolo.
Purtroppo, tra il volere ed il potere spesso c'è una gran differenza, costituita da alcune leggi discriminatorie, e dall'insensibilità di alcuni funzionari pubblici, come quella di cui è stato accusato il governatore della provincia di Qena (in cui si trova Nagaa Hammadi), che non avrebbe saputo capire quel che bolliva in pentola ed intervenire tempestivamente. La cosa più curiosa è che il governatore sotto accusa, Magdi Ayoub, è copto - e non può quindi essere accusato di parzialità nei confronti dei mussulmani.
Alcuni dei presunti autori della sparatoria sono stati già arrestati, e si spera che paghino in proporzione alle loro colpe - non siamo di fronte ad una riedizione del copione dei pogrom russi contro gli ebrei.
Purtroppo, nello stesso rapporto in cui si chiedeva l'istituzione dell'Alto Consiglio della Cittadinanza, si è cercato anche di ridurre la portata dell'incidente di Nagaa Hammadi sostenendo che si è trattato di un isolato atto di vendetta, e non di un episodio di una guerra civile tra opposte religioni.
Che non siamo alla guerra civile posso anche crederci; ma che l'iniziativa della l'abbiano presa delle persone che con la vittima hanno in comune soltanto la religione, e si siano rivolte contro persone che soltanto la religione hanno in comune con il colpevole, va oltre i limiti canonici della vendetta, ed indica che quest'azione si è contaminata di odio religioso - un'anomalia assai grave.
Né mi è piaciuto il modo risentito in cui l'Assemblea ha reagito alla sessione del Parlamento Europeo dedicata ai fatti di Nagaa Hammadi: il ministro degli esteri egiziano ha giustamente chiesto conto all'Italia di quel che è accaduto a Rosarno; il resto del mondo ha perciò pieno diritto di chiedere conto all'Egitto di quel che è accaduto a Nagaa Hammadi.
Da un punto di vista non più politico, ma religioso, è interessantissimo l'articolo [3], in cui si ricorda un episodio della vita di Maometto: il monastero di Santa Caterina nel Sinai chiese a Maometto la sua protezione inviandogli nel 628 una delegazione. Maometto rispose con questa promessa:
(quote)
Questo è un messaggio di Mohamed Ibn Abdullah, come patto verso coloro che adottano il cristianesimo, vicini e lontani, e noi siamo con loro.
Davvero io, i servi, gli aiutanti, ed i miei seguaci li difendiamo, perché i cristiani sono i miei cittadini; e, per Dio! mi oppongo a qualsiasi cosa dispiaccia loro.
Non ci sia imposizione nella religione. Né si rimuovano i loro giudici dal loro ufficio, né i loro monaci dai loro monasteri. Nessuno deve distruggere una casa della loro religione, danneggiarla, o portar via alcunché da lì per portarla nelle case dei mussulmani.
Se qualcuno facesse una di queste cose, violerebbe il patto di Dio e disobbedirebbe al suo profeta. In verità, essi sono i miei alleati ed hanno il mio sicuro statuto contro tutto ciò che odiano.
Nessuno deve forzarli a viaggiare od obbligarli a combattere. Sono i mussulmani a dover combattere per loro. Se si sposa una donna cristiana ad un mussulmano, questo non deve avvenire senza l'approvazione di lei. Non le deve essere impedito di visitare la sua chiesa per pregare. Le loro chiese devono essere rispettate. A loro non si deve impedire di ripararle, né di rispettare la sacralità dei loro patti.
Nessuno della nazione [mussulmana] dovrà disobbedire al patto fino all'ultimo giorno [cioè alla fine del mondo].
(unquote)
Questa promessa di Maometto fa parte della Sunna, ed i mussulmani che attaccano i cristiani in quanto tali sono perciò dei pessimi mussulmani.
A questo posso aggiungere quel che ho udito dall'imam di una moschea del rione di Shoubra al Cairo. Questo rione ha una notevole presenza cristiana, tanto che una delle sue chiese (Santa Teresa del Bambin Gesù) è l'unico luogo di culto cairota che ha dato il suo nome ad una stazione della metropolitana. Uno dei fedeli di questa chiesa, conosciuto grazie ad una comune amica, mi ha fatto visitare la vicina moschea di Hageen, di epoca mamelucca, e parlare con il suo imam.
Questi mi ha confermato che l'islam prescrive di trattare i cristiani da amici, e sono pessimi mussulmani quelli che se ne scordano. Il mio accompagnatore ha aggiunto, col consenso dell'imam, che l'islam considera ogni persona uguale davanti a Dio, indipendentemente da sesso, razza e fede. Quindi, non bisogna attribuire i misfatti di Nagaa Hammadi all'islam.
Se a livello ufficiale c'è quindi la più completa disapprovazione delle violenze contro i cristiani, a livello sociale le cose non sono così semplici. Se volete essere portati ad una chiesa cristiana, vi conviene scegliere un tassista copto, non uno mussulmano - e non è esperienza che ho fatto solo io; se volete chiedere ad un pedone informazioni in proposito, chiedetele ad una donna senza velo, perché potrebbe essere cristiana, ed interessata perciò a darvi l'informazione anziché tacerla o, peggio ancora, sviarvi con un'indicazione errata.
Una mia amica mussulmana non porta il velo (è obbligatorio solo durante la preghiera), e mi ha riferito che si era recata una volta a Nagaa Hammadi, dove era stata trattata piuttosto male perché scambiata per una cristiana. Come se l'essere cristiani fosse un buon motivo per essere bistrattati!
Non mancano coloro che odiano i cristiani in Egitto, purtroppo. Negli articoli del Weekly Al-Ahram si tentano alcune analisi di questo fenomeno, che sembra risalire, in ultima analisi, allo choc patito da tutto il mondo arabo dopo la sconfitta del 1967.
Anche il vincitore di quella guerra fu invaso da una sorta di fanatismo che persiste tuttora e complica ogni tentativo di risolvere il conflitto israelo-palestinese.
Per quanto riguarda l'escursione ad Al-Uksur, l'unica cosa che val la pena di riferir qui è che di fronte al tempio di Karnak, ed accanto agli uffici del governatorato, svetta l'insegna della Società Biblica d'Egitto, che appartiene ad una rete il cui compito è diffondere la Bibbia nel mondo.
Se nessuno, privato od istituzione, ha molestato quella società, vuol dire che un minimo di libertà religiosa in Egitto c'è. E non sarebbe una cattiva idea parlare dei mussulmani e dei loro paesi dopo averli conosciuti e visitati, e non sulla base di ipostasi librarie.
Iscriviti a:
Post (Atom)