Questo post non parla di donne, ma di uomini, sulla falsariga del libro “Shyness and Love: Causes, Consequences and Treatment = Timidezza ed amore: cause, conseguenze e trattamento”, pubblicato nel 1987 dal professor Brian G. Gilmartin.
Il libro non è più stato ripubblicato, ma si può scaricare (PDF zippato da 3,91 MB) qui.
Quello che ci interessa è alle pagine 156-158 del PDF (corrispondenti alle pagine 125-127 del testo stampato), ed è il capitolo “The ‘Male Lesbian’ Concept = Il concetto di ‘Lesbica maschio’”.
Gilmartin studia le persone troppo timide per fare il primo passo con un possibile partner, e ritiene che questa condizione, che lui chiama “love-shyness = timidezza in amore”, e non è stata inclusa nella nosografia [elenco ufficiale delle malattie] psichiatrica, sia particolarmente invalidante per gli uomini eterosessuali, in quanto il ruolo di genere imporrebbe loro quello che la timidezza impedisce loro di fare.
Parlando con questi eterosessuali (lui stima che siano l’1,5% della popolazione americana), ha scoperto che non solo essi avrebbero voluto nascere donne, ma anche che, se fossero donne, amerebbero altre donne e non degli uomini. Non desiderano cambiare sesso chirurgicamente, e non praticano il travestitismo.
Questo impedisce di considerarli gay o trans; questo rimpianto di non essere donne si alimenta della convinzione che il ruolo di genere femminile si addica a loro molto di più di quello maschile, e di una certa invidia della maggior duttilità che ora quel ruolo consente.
Questa cattiva identificazione con il ruolo di genere maschile e decisa preferenza per il ruolo femminile – che ha indotto Gilmartin a chiamare questi uomini “lesbiche maschio” - si nota anche in situazioni non sentimentali: le lesbiche maschio non cercano amici maschi (anzi, di solito cercano solo partner sentimentali – cosa che le fa sempre dondolare tra il dramma e la farsa, vista la loro inadeguatezza), e nemmeno compagni di gioco e colleghi di lavoro maschi – dipendesse da loro, non li avrebbero, e questo già da bambini.
Queste persone si fanno riconoscere su Facebook per l’incredibile sproporzione tra le donne e gli uomini nei loro contatti – dipendesse da loro, l’aborto selettivo non colpirebbe certo le femmine! E Gilmartin osserva che, mentre i maschi etero preferiscono di solito avere figli maschi, le “lesbiche maschio” preferiscono di gran lunga le figlie femmine.
Altra caratteristica distintiva è che le “lesbiche maschio” non amano i rapporti mercenari, che pure molte persone continuano a suggerir loro, per scherno o sincera preoccupazione. Quello che vogliono non è l'orgasmo, ma la storia d'amore, per quanto precaria.
Alison Bechdel, autrice del fumetto “Dykes” pubblicato in Italia da BUR, lamenta in una sua tavola che le lesbiche sono socialmente poco visibili, salvo che “nelle fantasie di qualche etero sfigato”. Sono parole dure, ma che spiegano bene la situazione sia delle donne lesbiche che delle “lesbiche maschio”, molte delle quali coltivano delle fantasie in cui il protagonista erotico è appunto una donna lesbica – l’idea che sia un uomo il protagonista a loro non piace proprio!
Nel libro del 1987 Gilmartin attribuisce la nascita della “timidezza in amore” ad errori educativi: l’educatore che mina costantemente la fiducia in se stesso e nella sua capacità di essere amato del bimbo lo predispone a questa forma di timidezza; in questo sito, e per la precisione in questa pagina, ora Gilmartin mette in relazione questo tipo di timidezza con la “Sindrome di Asperger” - di cui non si conosce con certezza la causa, e che alcuni ritengono una forma di "autismo ad alto funzionamento".
La nosografia psichiatrica ufficiale non riconosce la “timidezza in amore” come disturbo a sé stante, ma essa può ritrovarsi in persone che ricevono diagnosi di sindromi psichiatriche riconosciute, come, ad esempio, “fobia sociale”, “disturbo evitante di personalità”, “disturbo borderline di personalità”, condizioni non tutte facili da trattare, ma per le quali può essere indicata una terapia.
Una cosa però occorrerebbe chiedersi: il disagio delle “lesbiche maschio” con il ruolo di genere maschile va considerato solo come sintomo di inadeguatezza oppure anche come opportunità di presa di coscienza?
La “lesbica maschio” può vivere ambo le forme di questo disagio contemporaneamente; se per il senso di inadeguatezza può cercare sollievo in una terapia, la presa di coscienza può esprimersi nell’apprezzamento della Teoria Queer, che, guarda caso, è nata da una costola del pensiero lesbico, e postula che le identità di genere siano esclusivamente costrutti sociali, e che l’anatomia sia solo un pretesto per attribuirle alle persone.
Le “lesbiche maschio” non sono né gay né trans, ma possono dare un valido contributo ai movimenti queer, perché condividono con essi il disagio verso i ruoli di genere; una mia amica lesbica mi ha detto che in realtà di uomini così ce n'è molti, ed un'altra donna mi ha detto che nella serie televisiva The L word, trasmessa in Italia da La7, compariva una "lesbica maschio" - solo nella prima stagione, però, perché il personaggio era tanto lezioso da essere caricaturale.
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