sabato 27 febbraio 2010

Disinformazione linguistica

Mi piacciono le donne (se anche la mia bocca tacesse, lo griderebbero gli occhi), ma sono iscritto ad un club GLBT veronese, i cui iscritti sono perlopiù eterosessuali, in quanto sembra l'unica associazione che riesce a fare opposizione al sindaco di Verona Flavio Tosi ed alla sua masnada di ignoranti matricolati.

Purtroppo, "quandoquam et bonus Homerus dormitat", ed oggi è stata una di quelle volte in cui il club veronese si è appisolato: ha infatti organizzato la presentazione di un libro di una ricercatrice universitaria italiana, che interpretava il conflitto israelo-palestinese come un conflitto di identità - in cui la sempre maggior divaricazione fra post-sionisti ed ultra-sionisti veniva risolta dal governo con delle fughe in avanti fatte coinvolgendo il paese in nuove guerre.

L'idea non mi pareva sbagliata, visto che ho anch'io avuto la sensazione che la guerra di Gaza fosse rivolta, più che contro il palestinese di Gaza, contro le persone che cominciano a dubitare della giustezza della politica israeliana successiva al 1967 - ed ho comprato il libro e l'ho fatto firmare dall'autrice.

Purtroppo, quando ho sentito parlare l'autrice, mi sono dovuto ricredere. Infatti, non solo ha detto che Israele è uno stato truffa (?) e che alla sua nascita c'è stata una colossale violazione della legalità internazionale (perché, a suo dire, l'ONU non poteva decretare la nascita di uno stato), ma ha anche detto che l'ebraico moderno è una lingua artificiale, sviluppata a tavolino dopo l'autoproclamazione dello stato d'Israele, e che, essendo stata inadeguata alle esigenze dell'oggi, ha saccheggiato dall'arabo molte parole e modi di dire.

A questo punto mi sono alzato, ho preso in mano la giacca, il borsello con i miei due telefonini, il libro di Miguel Asìn Palacios "Dante e l'islam" che stavo leggendo, e me ne sono andato lasciando a bella posta lì sulla sedia il libro che pure avevo pagato e fatto firmare dall'autrice.

Di Israele uno può dire quello che vuole, purché dica cose vere e limiti l'opinabile ai giudizi (come quello sull'eccesso di potere del Consiglio di Sicurezza ONU che il 29 Novembre 1947 approvò la risoluzione 181); però quando si raccontano panzane, ho tutto il diritto di arrabbiarmi.

Theodor Herzl non aveva previsto la rinascita dell'ebraico - infatti nella sua opera "Lo stato ebraico" preconizza che in questo stato si parlerà tedesco - ma Eli'ezer Ben Yehuda (1858-1922) riuscì a compiere il miracolo: lanciò la sua iniziativa con due articoli di giornale nel 1880, nel 1881 si trasferì nell'attuale Israele, dove già dei pionieri avevano iniziato a rianimare l'ebraico, e nel 1890 fondò il Comitato per la Lingua Ebraica (ora "Accademia per la Lingua Ebraica") in modo da dare alla lingua ciò che mancava.

Ma il maggior contributo alla causa fu il suo gigantesco dizionario in 17 volumi, continuato dalla moglie e dal figlio dopo la sua morte (nel 1922). E che il suo lavoro fosse già praticamente riuscito lo dimostra il fatto che le autorità del mandato britannico sulla Palestina riconobbero l'ebraico come una delle tre lingue ufficiali (le altre due erano l'inglese e l'arabo) il 29 Novembre 1922.

Questo significava che non solo le pubblicazioni del movimento sionista, ma tutte le disposizioni e comunicazioni del mandato dovevano essere redatte anche in ebraico, il quale, a sua volta, se non ne era già provvisto, doveva dotarsi volta per volta di tutte le parole indispensabili alla vita contemporanea.

Qundi, dire che l'ebraico contemporaneo è stato sviluppato a tavolino dopo il 14 Maggio 1948, giorno della proclamazione dell'indipendenza d'Israele, è un mostruoso falso storico. Per giunta, di quasi tutte le parole ebraiche aggiunte in epoca moderna si conoscono sia la data d'introduzione che la persona che le propose - quindi è molto facile dimostrare che moltissime parole sono state introdotte prima della Seconda Guerra Mondiale.

Si conoscono anche le mode che seguirono i lessicografi: poiché l'ebraico è una lingua semitica, le parole che non si trovavano né nella Bibbia né nella sterminata letteratura postbiblica furono in un primo tempo prese dall'arabo. Non c'è alcuna vergogna in questo: nessuno si vergogna a coniare parole italiane, inglesi o francesi a partire da parole greche o latine - cioè di altre illustri lingue indoeuropee.

Ma la moda dell'arabo cessò nel 1929: imprestare parole dall'arabo significava dimostrare amicizia verso gli arabi e volontà di progettare un futuro comune - tutti propositi che (me ne dispiace) furono spazzati via dal pogrom di Hebron di quell'anno. Da allora in poi gli imprestiti vennero dalle lingue europee.

Per quanto riguarda l'accusa di aver "saccheggiato" anche i modi di dire dall'arabo, faccio notare che la grammatica dell'ebraico biblico è molto più simile a quella dell'arabo classico (immutata dai tempi di Maometto) di quanto non lo sia quella dell'ebraico contemporaneo, che si è considerevolmente semplificata.

Inoltre, l'affermazione secondo cui l'ebraico non è riuscito ad unificare linguisticamente nemmeno gli ebrei israeliani (come proverebbe il caso degli ebrei russi) è sostanzialmente falsa e si può facilmente rovesciare addosso agli arabi.

Quello che ho visto nei miei viaggi in Israele è che gli ebrei israeliani parlano normalmente ebraico tra loro - una persona che dice di non conoscere bene l'ebraico di solito è un turista, e molto più raramente un arabo israeliano.

Se due ebrei israeliani che vengono dallo stesso paese (la maggior parte degli ebrei israeliani d'oggi è nata all'estero e la loro lingua madre non è l'ebraico) s'incontrano spesso si mettono a parlare la loro lingua madre - ma nessuno dice che se due italoamericani a New York parlano tra loro in italiano od in dialetto questo significa che l'inglese non unifica linguisticamente gli USA.

Il caso dei russi è complicato da due fattori: molti di loro non sono di religione ebraica, o non hanno avuto durante il regime sovietico un'educazione ebraica, e quindi non hanno la confidenza con l'ebraico biblico e liturgico che la maggior parte degli ebrei acquisisce nell'infanzia, e su cui si può innestare poi la pratica dell'ebraico contemporaneo.

Aggiungiamo poi il legittimo orgoglio di chi parla una lingua molto nota nel mondo e con una straordinaria letteratura, e la riluttanza ad abbandonare il russo si spiega. Ma non ritengo questo un fallimento dell'ebraico come collante linguistico.

Semmai è un sintomo del fatto che, se una volta l'ambizione di tutti i governi era imporre la lingua ufficiale come lingua unica, ora, con l'incremento dei flussi migratori questa lingua ufficiale (o queste lingue ufficiali) diverranno semplicemente lingue veicolari, ovvero le lingue della pubblica amministrazione e dei media che si rivolgono a tutti i cittadini, che però conosceranno diverse altre lingue, e magari scriveranno letteratura in quelle. Non ritengo negativo che l'italiano diventi una lingua veicolare, non lo ritengo negativo per l'ebraico.

Per quanto riguarda il mondo arabo, viaggi e letture mi hanno convinto di cose poco piacevoli per chi vuole a tutti i costi dimostrare che l'ebraico è una lingua fallimentare.

Perché in Tunisia si parla arabo ed in Sicilia si parlano lingue neolatine (italiano e dialetti siculi)? Perché la Tunisia fu conquistata nel 702 dagli arabi, e la sua arabizzazione non si è mai arrestata; la Sicilia rimase araba soltanto nel periodo dall'827 al 1091, e questo non è bastato a farne un'isola arabofona, tantopiù che dopo la conquista normanna i siciliani di lingua araba e religione mussulmana preferirono fare fagotto.

E' un po' dura rimproverare Israele di non essere riuscito a fare in 62 anni quello che gli emiri di Sicilia non sono riusciti a fare in 264! Senza contare che la maggior parte degli israeliani parla l'ebraico contemporaneo molto meglio di come gli abitanti dei paesi arabi parlano l'arabo classico.

A proposito ... l'arabo classico viene parlato davvero? Se non ci fossero i media, l'arabo classico ed il cinese mandarino sarebbero solo le lingue dei letterati e dei burocrati, che unificano nominalmente immense civiltà i cui abitanti parlano però quotidianamente (e talvolta si arrischiano a scrivere) dei dialetti anche lontanissimi dalla lingua ufficiale.

Io ho studiato (sommariamente) l'ebraico, e sto studiando l'arabo classico - per questo ho potuto fare il confronto grammaticale. Ma io non mi accontento, ed ho a casa una grammatica dell'arabo palestinese (che il defunto Edward Said chiamava la lingua del popolo palestinese), un corso di arabo libanese, ed uno di arabo egiziano. Dovrò un giorno o l'altro andare a caccia di una vecchia descrizione dell'arabo parlato della Libia pubblicata a suo tempo dalla Hoepli e ristampata poi dalla Cisalpino-Goliardica.

Quindi, la situazione linguistica del mondo arabo attuale è simile a quella dell'Alto Medioevo europeo, in cui la gente parlava e pensava in volgare, un volgare che si differenziava a seconda delle regioni, ma scriveva e leggeva ancora in latino.

Peggio ancora: ho degli amici arabi che mi hanno confermato quello che ho letto nel libro "La sciabola e la virgola. La lingua del Corano è all'origine del male arabo" di Chérif Choubachy: se uno si sogna di conversare in arabo classico, tutti lo prendono in giro.

Nel migliore dei casi, si rendono conto che è uno straniero che ha appena iniziato lo studio della lingua araba, e non conosce ancora il dialetto del posto - nelle università italiane infatti si comincia studiando la lingua classica, e poi si passa ad approfondire un dialetto a scelta dello studente. Non è indispensabile invece per chi studia l'italiano o l'inglese studiare anche i dialetti locali, e non esistono dialetti nell'ebraico contemporaneo.

Se aggiungiamo il fatto che capita spesso che due arabi che vengono da regioni molto lontane del mondo arabo preferiscano parlarsi in inglese o francese per evitare equivoci, e che ho conosciuto al Cairo un comico che si guadagnava da vivere mettendo in scena proprio questi equivoci (e faceva ridere a crepapelle le mie amiche egiziane), posso permettermi di dedurre che la lingua araba classica - che è piena di insidie per gli stessi arabofoni "madrelingua", ed è l'unico esempio attuale di lingua la cui grammatica è stata fossilizzata 14 secoli fa, cosa che potrebbe indurre persone più risentite di me a sostenere che non è più naturale di un linguaggio di programmazione per computer - per quanto magnifica, unifica il mondo arabo in modo assai meno efficace di come l'ebraico unifichi gli ebrei israeliani.

Inoltre, non sono stato io, ma Chérif Choubachy, a far notare che eliminare l'analfabetismo nel mondo arabo è molto più difficile che eliminarlo dall'Italia o dalla Spagna o dalla Russia: in questi paesi i ragazzi devono praticamente solo imparare ad associare i suoni alle lettere per essere in grado di leggere e scrivere; nei paesi arabi devono invece imparare una lingua quasi straniera per riuscirci.

Per gli ebrei israeliani la situazione è simile a quella dei paesi di lingua inglese: non si deve imparare una lingua completamente nuova, ma far corrispondere l'ortografia all'ortoepia non è facile.

Un proverbio inglese dice che chi abita in una casa di vetro non deve tirar pietre - ed aggiungo che è meglio studiare le lingue altrui prima di parlarne male per sentito dire.

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