Matteo 13:44 è il testo di una parabola assai nota, che vi riporto nella versione della Nuova Riveduta (come tutte le citazioni bibliche seguenti):
Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo, che un uomo, dopo averlo trovato, nasconde; e, per la gioia che ne ha, va e vende tutto quello che ha, e compra quel campo.
Non rubo il mestiere agli esegeti, che hanno trovato notevoli paralleli nei midrashim (nei quali viene disapprovato il comportamento del proprietario pigro che non cerca il tesoro nel suo campo, e lo vende per meno di quello che vale, proprio perché ignaro del tesoro; ringrazio il mio amico Paolo Ferrari per avermeli fatti leggere); mi permetto però di discutere con il commentatore riportato in LaParola.Net, perché secondo me non è necessario ritenere che "l'uomo" si stia comportando in modo disonesto, anzi!
In alcuni dei midrashim, tra cui uno attribuito a Shim'on Bar Yochai, l'acquirente è ignaro del tesoro esattamente come il venditore, quindi non c'è frode: è per un colpo di fortuna che la negligenza del venditore premia la diligenza dell'acquirente. Nella parabola di Gesù, ad una lettura superficiale, sembra che l'acquirente si stia comportando in modo disonesto, perché sa una cosa che il venditore ignora e ne approfitta danneggiandolo.
Però, mi pare improbabile che Gesù consigli la disonestà - e non solo perché questo contraddirebbe l'immagine che di lui danno i cristiani suoi discepoli.
Gesù era ebreo, ed una cosa che gli ebrei fanno sempre notare è che, secondo il Talmud (bShabbat 31a), la prima domanda che viene rivolta dal Tribunale celeste a chi passa a miglior vita è: "Sei stato onesto nel trattare i tuoi affari?".
Ve l'immaginate un "maestro itinerante" che raccoglie tanti discepoli come descritto dai Vangeli, proprio tra persone che la pensano così, se si permette di consigliare la disonestà?
Non è una bazzecola ciò di cui la lettura superficiale della parabola incolpa l'acquirente: dal diritto ebraico, biblico e postbiblico, è vietatissimo al compratore approfittare di quello che il venditore non sa - e viceversa. Fare una cosa del genere significa rendersi rei di hona'at mamon = frode pecuniaria.
Non è solo una questione di soldi: chi fa queste cose opprime (la traduzione "fa torto a" è un po' troppo delicata) il suo prossimo, cosa vietata da Levitico 25:14.
Inoltre, chi pensa che il compratore sia stato disonesto, dovrebbe spiegarci perché non si è portato via subito il tesoro. Perché lui si sarebbe astenuto dal compiere un furto per compiere poi una truffa - cosa non meno grave?
Dobbiamo quindi trovare una spiegazione che discolpi il compratore. La prima che viene in mente è che il "tesoro nascosto" non ha valore economico. La sua presenza non cambia né il valore né il prezzo del campo. Perciò il venditore non subisce danno economico. Niente danno, niente truffa.
Il Regno dei Cieli non ha quindi valore venale; questa è una cosa che ricaviamo anche da altri insegnamenti di Gesù, ha guidato la ricerca dei passi paralleli a questo riportati in LaParola.Net, nonché i commenti che il mio amico Paolo Ferrari mi ha fornito, ed incoraggia a proseguire per questa via interpretativa - farsi guidare dagli scrupoli di coscienza di un onesto compratore.
Però questi scrupoli vengono solo alleviati: comprare una cosa per impadronirsi di due non è onesto nemmeno se la seconda cosa non vale nulla - e su questo sono d'accordo gli ebrei, che vietano il profitto ingiusto anche se nessuno subisce danno (Talmud bBava Batra 12b - citato qui), considerando questo modo di agire degno degli abitanti di Sodoma.
Il compratore ha trovato un tesoro nascosto, lo nasconde di nuovo, ma sa che il proprietario del campo ne è al corrente - altrimenti non potrebbe acquistare il campo con la coscienza pulita.
Il tesoro non viene perciò nascosto al padrone del campo, viene nascosto agli eventuali ladri che non avrebbero scrupoli. Ed il proprietario vende il campo ed insieme con esso un tesoro che ben conosce, ma a cui nessuno dà alcun valore economico (eppure ci possono essere dei ladri a cui fa gola - per non parlare del compratore del campo!) - perciò la transazione è onesta e vantaggiosa per entrambi (il venditore ha i soldi, il compratore il tesoro).
Resta però uno scrupolino piccino picciò: che ci faceva il compratore nel campo altrui?
Una persona onesta non entra nella proprietà altrui senza autorizzazione. Che autorizzazione poteva avere?
Due me ne vengono in mente: o si trattava di un bracciante agricolo (o, più probabilmente, visto che era dovizioso, di quello che oggi si chiama un "contoterzista", cioè di un imprenditore che lavora i campi altrui), oppure di uno dei poveri a cui la Torah consentiva e consente di spigolare e raccogliere quello che viene lasciato per loro in un angolo del campo (Levitico 19:9; Levitico 23:22; Mishnah Pe'ah; ecc.).
Propongo un'interpretazione che comprende entrambi: il contoterzista ha incontrato in quel campo i poveri, e si è reso conto che loro sono il Tesoro del Regno dei Cieli, anzi, il Regno vero e proprio! Comprando il campo, compra anche la gioia di stare nel Regno.
L'interpretazione non è incompatibile con gli insegnamenti di Gesù - Luca 6:20 (che fa parte delle Beatitudini secondo Luca) esplicitamente afferma:
Egli, alzati gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: «Beati voi che siete poveri, perché il regno di Dio è vostro. (...)»Inoltre, Luca 10:8-9, dice:
8 In qualunque città entriate, se vi ricevono, mangiate ciò che vi sarà messo davanti,
9 guarite i malati che ci saranno e dite loro: "Il regno di Dio si è avvicinato a voi".e Luca 17:20-21 esplicita:
20 Interrogato poi dai farisei sul quando verrebbe il regno di Dio, rispose loro: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare gli sguardi; né si dirà:
21 "Eccolo qui", o "eccolo là"; perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi».L'importanza dei poveri che si sfamano con l'angolo del campo viene evidenziata anche dall'inizio della Mishnah Pe'ah:
MISHNAH 1. Seguono le cose per cui non è prescritto un limite massimo: 1. l'angolo del campo; 2. l'offerta delle primizie; 3. le offerte presentate al Signore nel corso dei tre pellegrinaggi; 4. il far del bene; 5. lo studio della Torah. Seguono le cose di cui una persona lucra l'interesse in questo mondo, ma il capitale le rimane nel mondo che verrà: onorare il padre e la madre, praticare la carità, e mettere pace tra un uomo ed il suo amico; ma lo studio della Torah vale per tutte quante.
Questa Mishnah, in cui si comincia con il parlar di campi (tra parentesi, secondo i rabbini, l'"angolo del campo" da riservare ai poveri deve essere almeno 1/60 [1,667%] della superficie del campo; poiché però non c'è limite massimo, uno può ingrandirlo quanto vuole), e si prosegue con il tesoro che si può cumulare nel mondo che verrà, è ritenuta fondamentale dagli ebrei, che la recitano durante la preghiera del mattino - così come la parabola del tesoro del regno è fondamentale per i cristiani.
Ma il brano evangelico chiave per interpretare questa parabola è Matteo 5:1-12, ovvero le Beatitudini secondo Matteo (devo ancora ringraziare Paolo Ferrari per aver fatto partecipare me e mia moglie ad un gruppo di studio sulle beatitudini evangeliche):
- Gesù, vedendo le folle, salì sul monte e si mise a sedere. I suoi discepoli si accostarono a lui,
- ed egli, aperta la bocca, insegnava loro dicendo:
- «Beati i poveri in spirito, perché di loro è il regno dei cieli.
- Beati quelli che sono afflitti, perché saranno consolati.
- Beati i mansueti, perché erediteranno la terra.
- Beati quelli che sono affamati e assetati di giustizia, perché saranno saziati.
- Beati i misericordiosi, perché a loro misericordia sarà fatta.
- Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
- Beati quelli che si adoperano per la pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
- Beati i perseguitati per motivo di giustizia, perché di loro è il regno dei cieli.
- Beati voi, quando vi insulteranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro di voi ogni sorta di male per causa mia.
- Rallegratevi e giubilate, perché il vostro premio è grande nei cieli; poiché così hanno perseguitato i profeti che sono stati prima di voi.
- I poveri in spirito (v.3);
- I perseguitati per motivo di giustizia (v. 10).
In questa parabola del tesoro del campo, sono le stesse persone. Perché infatti dei poveri dovrebbero "nascondersi"? E perché chi li scopre dovrebbe avere la cautela di "nasconderli" nuovamente? Infatti, spigolando e cogliendo le spighe dall'angolo loro riservato, loro esercitano un diritto - possono farlo a testa alta.
C'è un mucchio di barzellette ebraiche che mettono in ridicolo la sfrontatezza (chutzpah) dei mendicanti (schnorrer), che si comportano come se l'elemosina fosse il loro "salario di cittadinanza" - e guai a chi gliela nega! Inoltre, Gesù avverte di non nascondere una lampada (Matteo 5:15, Marco 4:21, Luca 8:16, Luca 11:33), ma di metterla dove illumina ovunque.
Ma se i "poveri in spirito" sono anche "perseguitati per motivo di giustizia", è più che ragionevole che si nascondano, anzi, si "velino" cercando di passare da poveri qualunque, per paura di essere "portati via" dai "ladri", termine il cui significato neotestamentario è ben esplicitato da Matteo 21:13, Marco 11:17, Luca 19:46 (se tutti i tre Sinottici citano il medesimo logion = detto, pur con qualche variante, lo si considera autentico).
Anche i discepoli di Gesù spigolano (Marco 2:23-28 si premura di informarci che lo fecero pure di Sabato), dacché sono poveri; e se sono perseguitati, nascondersi è per loro molto opportuno (va ricordato che Eusebio di Cesarea ci informa come i cristiani sfuggirono alla Grande Rivolta del 66-73 DC rifugiandosi nella Decapoli, e così salvarono la Chiesa - se i cristiani di allora avessero bramato il martirio anziché scansarlo, il cristianesimo non ci sarebbe più).
Se la mia ipotesi è corretta, il compratore del campo ha riconosciuto nei poveri che lo frequentano i discepoli di Gesù, il Tesoro del Regno - anzi, il Regno; questo lo ha rallegrato, ed ha deciso di aiutarli. Non li ha denunciati né alle autorità civili, né a quelle religiose, né al proprietario del campo (tutti convinti che essi siano dei poveri qualsiasi), ma ha comprato il campo per dar loro asilo perenne e sicuro, e stare con loro.
La parabola sarebbe quindi una ricetta per i tempi di persecuzione, anche se il suo valore va ben oltre la circostanza.
Bisogna però chiedersi se sia davvero di Gesù: il criterio più semplice (un detto riportato più volte nei Vangeli lo si considera autentico) non depone a suo favore, e l'interpretazione che propongo (i discepoli che si "velano") va contro l'esortazione (quella sì riportata più volte) di Gesù ad essere illuminanti e visibili; inoltre, la circostanza che congetturo (una persecuzione su larga scala) sembra posteriore alla morte di Gesù.
Inoltre, come faceva notare Conzelmann riprendendo Bultmann (Conzelmann lo sto studiando per l'esame di Introduzione al Nuovo Testamento della Facoltà Valdese di Teologia), Gesù raccontava parabole, ma i redattori dei Vangeli hanno aggiunto ad esse delle allegorie.
La differenza principale tra la parabola e l'allegoria è che la parabola non ha bisogno di speciale interpretazione: la situazione che descrive è verosimile, ed il paragone che propone è chiaro; l'allegoria invece descrive una situazione poco verosimile che costringe a chiedersi quale messaggio cifrato nasconda.
Il mio sforzo è stato dimostrare che quella che sembra una parabola è in realtà un'allegoria: quella che sembra una semplice marachella al lettore/ascoltatore che non ha mai comprato nulla di più costoso di un paio di scarpe è una cosa che nessun acquirente di immobili tenterebbe mai.
E le allegorie, specialmente se alludono a situazioni tipiche della chiesa primitiva anziché personali di Gesù, sono la specialità dei redattori.
Si tratta però di un'allegoria assai ben congegnata, visto che la coerenza dell'interpretazione che propongo (i poveri discepoli di Gesù sono il tesoro nascosto nell'angolo del campo in cui si sfamano, e quel tesoro è il Regno dei Cieli) con il nocciolo del messaggio di Gesù dato dalle Beatitudini è notevolissima.
Raffaele Yona Ladu