Attenzione! Sono state segnalate alcune inesattezze in questo post, che dovrà perciò essere radicalmente riveduto.
Ringrazio per il grande aiuto nel reperimento delle fonti e nella redazione dell'articolo il mio amico Mauro Mugliari di Bolzano.
Il buddismo non è una religione teista, in quanto non presume che esista un Essere supremo che abbia creato il mondo ed esiga dalle persone un comportamento conforme ad un testo da Lui rivelato.
Il buddismo si propone soprattutto come una filosofia che aiuti le persone a liberarsi dalla sofferenza subita ed inflitta, sofferenza che si perpetua oltre la morte in quanto le persone che non la superano si reincarnano; rispetto ad una semplice filosofia, però, il buddismo ha una tensione verso l'assoluto che permette di ritenerlo una religione.
Il desiderio sessuale è uno dei tanti desideri che possono ostacolare l'uomo che cerchi di raggiungere la buddità, desideri che sono istigati dal "demone del sesto cielo", dal nome sanscrito di Mara = Morte, e per molti versi equivalente al Maligno evangelico.
Il principio a cui dovrebbero ispirarsi tutti i buddisti è che si deve essere gentili con gli altri quanto severi con se stessi - perché la gentilezza può conquistare i nemici esterni, ma i nemici interni possono essere domati solo dalla severità (una severità che non deve però degenerare in mortificazione, perché lo stesso Budda sperimentò che l'ascesi estrema non portava all'illuminazione).
Il "demone del sesto cielo" infatti adesca le sue vittime promettendo il potere, più che il piacere. Il piacere è lecito se non schiavizza chi lo cerca (e questo lo si evita mantenendo l'autoconsapevolezza), e se lo si cerca in modo altruistico - ovvero cercando di dar piacere agli altri e ricevendone solo per soprammercato.
Dei tanti esempi, quello che mi piace di più è quello dell'eleganza: se l'eleganza soddisfa solo la propria vanità, è considerata negativa; se manifesta invece rispetto per il prossimo (perché si cerca di mostrargli il proprio aspetto migliore), è positiva.
Nel buddismo Soka Gakkai si riconosce inoltre che i desideri sono un potente motore dell'evoluzione spirituale, se li si sa gestire; come disse il suo fondatore:
Qualche lettore avrà notato che il buddismo di Nichiren somiglia al buddismo tantrico (Vajrayana), praticato soprattutto in Tibet (ma anche in Giappone, dalla scuola Shingon); più che somiglianza, si dovrebbe parlare d'influenza, in quanto questa forma di buddismo avrebbe dato il suo contributo alla scuola Tiantai = Tendai, e lo stesso Saicho, che portò questa scuola in Giappone, aveva studiato con impegno in Cina i testi tantrici.
Che io sappia, però, i discepoli di Nichiren (non è solo la Soka Gakkai a rivendicare la sua eredità spirituale) non hanno mai sviluppato il possente immaginario erotico del buddismo (e soprattutto dell'induismo) tantrico, immaginario da interpretarsi soprattutto in modo allegorico (per esempio, il fallo rappresenta gli “upaya = mezzi acconci” con cui il maestro introduce il “dharma = legge” nella mente del desideroso e consenziente discepolo - analogamente, ebrei e cristiani interpretano allegoricamente i versi espliciti del Cantico dei Cantici); le principali somiglianze stanno nel ritenere che i desideri possano essere d'aiuto e non di ostacolo nell'evoluzione spirituale, nella presenza di riti "esoterici" (cioè da rivelare solo agli allievi che il maestro ritiene maturi), e nella fede nel potere dei mantra, come appunto "Nam myoho renge kyo".
A questa formula vengono attribuite notevoli proprietà esemplificate da questo aneddoto che ho udito durante una riunione della Soka Gakkai: un uomo si era innamorato di una sua collega sposata. La donna ne era lusingata, ma non gli dava ovviamente alcuna speranza, ed il pover'uomo continuava a recitare il mantra nella speranza che colei che bramava gli dicesse di sì.
E' poco buddista cercare la propria felicità a spese di quella altrui, ma la situazione si risolse spontaneamente: l'uomo conobbe una collega libera di stato, e si sposarono felicemente. La morale che ne è stata tratta è che non sarebbe servito a nulla rimproverare l'uomo perché pregava con un'intenzione proibita - quel desiderio proibito dava invece alla preghiera tanta efficacia da fargli trovare una soluzione lecita e raccomandabile.
E' stato fatto anche notare però che l'evoluzione spirituale di una persona deve farle cambiare la natura di ciò che desidera: che un principiante preghi per un lavoro, un partner, od altre soddisfazioni personali è comprensibile; ma se passano gli anni e ciò che lui desidera non cambia, vuol dire che lui non si sta evolvendo.
Va precisato che, non postulando il buddismo l'esistenza di un essere supremo (anche se non mancano correnti buddiste che tendono a divinizzare Siddharta Gautama, detto "Buddha = l'Illuminato" o "Shakyamuni = Il saggio degli Shakya"), l'efficacia della preghiera va attribuita solo alla sua capacità di mobilitare le risorse interiori di chi le recita.
Infatti, per il Sutra del Loto e tutte le scuole che vi si ispirano (tra cui la Soka Gakkai) la buddità è un attributo dell'intero universo, e nessun essere ne è privo; ognuno è perciò invitato a scoprirla in sé, e può riuscirci da solo nella sua vita presente - la principale differenza dalla citata "Jodo Shinshu" è che quest'ultima non solo usa un diverso mantra ("Namu Amida Butsu"), ma affida i suoi fedeli al Buddha Amitabha (in giapponese "Amida"), perché senza il suo aiuto non raggiungerebbero l'illuminazione.
Il più famoso è stato l'attuale Dalai Lama, il quale partendo dalla "naturalistica" constatazione che i genitali maschili e femminili sono fatti per completarsi e generare, condannò il sesso che non fosse la peniena [mi piacerebbe dire "penosa", ma non posso denigrare il mio sesso più di tanto] penetrazione vaginale - ma cercò poi di salvarsi in calcio d'angolo affermando che le relazioni omosessuali possono giovare a chi ne è membro ed alla società, senza però ritrattare la condanna del sesso non procreativo.
Come ho già scritto in altra occasione, il buddismo in Cina si è adeguato al dovere confuciano di riprodurre la specie e perpetuare la famiglia, per cui più che l'omosessualità, si consente la bisessualità, in quanto lascia aperta la possibilità di riprodursi.
Un esempio della dialettica tra buddismo e morale comune in Cina si trova nel romanzo erotico:
Il tappeto da preghiera di carne / Li Yu ; introduzione di Renata Pisu - 3. ed - Milano : Bompiani, 1994 - XXVII, 373 p. ; 19 cm. - I grandi tascabili ; 261
La morale comune cinese (d'impronta soprattutto confuciana, anche se Confucio avrebbe disapprovato le azioni del protagonista) fa del protagonista un giovanotto che cerca il successo a tutti i costi (rappresentato dal vincere i tremendi esami per diventare "mandarino") e mentre si prepara fa lo sciupafemmine (per giunta sposato!) che non manca di concedersi avventure gay.
Il "risveglio" gli farà però constatare i devastanti effetti delle sue intemperanze, e farà di lui un monaco, che emenderà il proprio karma a prezzo di una grande rinuncia - quella alla propria virilità.
Il monaco è, come da tradizione non giapponese, casto, ma nel romanzo le avventure gay non vengono riprovate di più delle infedeltà etero del protagonista, o di alcuni giochi erotici assolutamente privi di sentimento, comuni però nella tarda dinastia Ming.
In Giappone la situazione è piuttosto curiosa: nel 1676 il grande letterato Kitamura Kigin (1624-1705) provò a spiegare il buddismo giapponese a dei cristiani dicendo che Budda aveva sconsigliato ai suoi preti l'eterosessualità, consigliando invece l'omosessualità.
Inoltre, il 3° precetto maggiore vieta la "condotta sessuale irresponsabile", ma con essa si intendono le molestie, lo stupro, e la mancanza di rispetto in genere - l'omosessualità non è considerata "condotta irresponsabile".
Per giunta, come già accennato, il Sutra del Loto afferma che ogni persona, "indipendentemente dalle condizioni personali e sociali" (per citare la Costituzione Italiana), ha in sé le qualità di un Budda, e perciò merita il massimo rispetto. Ai sensi di questo Sutra, le discriminazioni sono quindi vietate.
Penso di riassumere il tutto dicendo che il buddismo è meno eterosessista ed omofobo di altre religioni perché, non postulando un creatore del mondo, è meno esposto al cadere nella "fallacia naturalistica", che fa credere che, poiché peni e vagine si sono "coevoluti" per procreare insieme, tale coevoluzione ne detti l'unico uso lecito.
Purtroppo, quello che esce dalla porta può rientrare dalla finestra: non esiste un dio creatore nel buddismo, ma la sua dottrina (dharma) vuole presentarsi con l'oggettività di una legge naturale e cosmica - e può giustificare argomentazioni come quella del Dalai Lama.
Raffaele/Leporello
Ringrazio per il grande aiuto nel reperimento delle fonti e nella redazione dell'articolo il mio amico Mauro Mugliari di Bolzano.
Il buddismo non è una religione teista, in quanto non presume che esista un Essere supremo che abbia creato il mondo ed esiga dalle persone un comportamento conforme ad un testo da Lui rivelato.
Il buddismo si propone soprattutto come una filosofia che aiuti le persone a liberarsi dalla sofferenza subita ed inflitta, sofferenza che si perpetua oltre la morte in quanto le persone che non la superano si reincarnano; rispetto ad una semplice filosofia, però, il buddismo ha una tensione verso l'assoluto che permette di ritenerlo una religione.
Non intendo dare una sintesi della dottrina buddista - un'ottima e sintetica introduzione si può trovare qui:
Buddhismo / Damien Keown ; edizione italiana a cura di Mario Maglietti - Torino : Einaudi, 2010 - 147 p. : ill. ; 20 cm - Piccola biblioteca Einaudi. Nuova serie ; 496
E chi vuole approfondire la corrente buddista di cui sto parlando può leggere i testi pubblicati da Esperia Edizioni, la casa editrice dell'Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai; perciò voglio solo accennare ai punti più importanti per il nostro discorso, dopo aver precisato che il buddismo ha una molteplicità di scuole, ma che ogni scuola mahayana ritiene se stessa e le altre degli “Upaya = mezzi adatti” per comunicare un insegnamento che le trascende (“Tathata = il vedere le cose come sono”) – la rivalità tra codeste scuole è perciò molto sportiva e non raggiunge gli eccessi delle lotte tra le varie versioni delle religioni abramitiche.
Buddhismo / Damien Keown ; edizione italiana a cura di Mario Maglietti - Torino : Einaudi, 2010 - 147 p. : ill. ; 20 cm - Piccola biblioteca Einaudi. Nuova serie ; 496
E chi vuole approfondire la corrente buddista di cui sto parlando può leggere i testi pubblicati da Esperia Edizioni, la casa editrice dell'Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai; perciò voglio solo accennare ai punti più importanti per il nostro discorso, dopo aver precisato che il buddismo ha una molteplicità di scuole, ma che ogni scuola mahayana ritiene se stessa e le altre degli “Upaya = mezzi adatti” per comunicare un insegnamento che le trascende (“Tathata = il vedere le cose come sono”) – la rivalità tra codeste scuole è perciò molto sportiva e non raggiunge gli eccessi delle lotte tra le varie versioni delle religioni abramitiche.
Il desiderio sessuale è uno dei tanti desideri che possono ostacolare l'uomo che cerchi di raggiungere la buddità, desideri che sono istigati dal "demone del sesto cielo", dal nome sanscrito di Mara = Morte, e per molti versi equivalente al Maligno evangelico.
Il principio a cui dovrebbero ispirarsi tutti i buddisti è che si deve essere gentili con gli altri quanto severi con se stessi - perché la gentilezza può conquistare i nemici esterni, ma i nemici interni possono essere domati solo dalla severità (una severità che non deve però degenerare in mortificazione, perché lo stesso Budda sperimentò che l'ascesi estrema non portava all'illuminazione).
Perciò la maggior parte delle correnti buddiste prescrive la continenza, e la regola monastica (Vinaya Pitaka = Canestro della Disciplina) esige la completa astinenza per i monaci - fanno però eccezione le scuole buddiste giapponesi.
Damien Keown, l'autore dell'introduzione citata, avverte che il buddismo giapponese è molto più attento alle esigenze della società di quello degli altri paesi; infatti la scuola Tendai (versione giapponese della scuola cinese "Tiantai = Terrazze celesti"), importata dal monaco Saicho (767-822), e da cui derivano le scuole buddiste giapponesi moderne, sostituì la citata regola del "Vinaya Pitaka" con la più breve e leggera regola del "Brahmajalasutra = Sutra della Rete di Brahma", che non impone il celibato.
Ciò aprì la strada a maestri come Shinran (1173-1263), il fondatore giapponese del "Jodo Shinshu = La vera scuola della Terra Pura", la più diffusa nel Giappone contemporaneo, che prescrisse anche ai monaci di sposarsi, e diede anche l'esempio, impalmando una monaca e facendo sei figli con lei!
La Soka Gakkai ha un altro fondatore, Nichiren Daishonin (1222-1282), che parte da questo presupposto: non sono negativi i desideri in sé, ma la brama di dominio che il più delle volte li accompagna.
Damien Keown, l'autore dell'introduzione citata, avverte che il buddismo giapponese è molto più attento alle esigenze della società di quello degli altri paesi; infatti la scuola Tendai (versione giapponese della scuola cinese "Tiantai = Terrazze celesti"), importata dal monaco Saicho (767-822), e da cui derivano le scuole buddiste giapponesi moderne, sostituì la citata regola del "Vinaya Pitaka" con la più breve e leggera regola del "Brahmajalasutra = Sutra della Rete di Brahma", che non impone il celibato.
Ciò aprì la strada a maestri come Shinran (1173-1263), il fondatore giapponese del "Jodo Shinshu = La vera scuola della Terra Pura", la più diffusa nel Giappone contemporaneo, che prescrisse anche ai monaci di sposarsi, e diede anche l'esempio, impalmando una monaca e facendo sei figli con lei!
La Soka Gakkai ha un altro fondatore, Nichiren Daishonin (1222-1282), che parte da questo presupposto: non sono negativi i desideri in sé, ma la brama di dominio che il più delle volte li accompagna.
Il "demone del sesto cielo" infatti adesca le sue vittime promettendo il potere, più che il piacere. Il piacere è lecito se non schiavizza chi lo cerca (e questo lo si evita mantenendo l'autoconsapevolezza), e se lo si cerca in modo altruistico - ovvero cercando di dar piacere agli altri e ricevendone solo per soprammercato.
Dei tanti esempi, quello che mi piace di più è quello dell'eleganza: se l'eleganza soddisfa solo la propria vanità, è considerata negativa; se manifesta invece rispetto per il prossimo (perché si cerca di mostrargli il proprio aspetto migliore), è positiva.
Nel buddismo Soka Gakkai si riconosce inoltre che i desideri sono un potente motore dell'evoluzione spirituale, se li si sa gestire; come disse il suo fondatore:
«Questo è l'insegnamento più importante. È l'insegnamento che 'i desideri terreni sono Illuminazione' [= Bonno soku bodai] e 'le sofferenze di vita e morte sono Nirvana' ... Le sofferenze diventano Nirvana quando si comprende che l'entità della vita umana non viene né generata né distrutta nel suo ciclo di nascita e di morte.»
La scuola Tiantai = Tendai ha una particolare venerazione per il Sutra del Loto, e la Soka Gakkai che ne discende pone il fulcro della sua pratica nella recitazione del mantra "Nam myoho renge kyo = Dedico la mia vita alla Legge Mistica del Sutra del Loto", e secondo Nichiren, pronunciare quella formula durante il rapporto sessuale ha il potere di trasformarlo in una preziosa esperienza spirituale.
Qualche lettore avrà notato che il buddismo di Nichiren somiglia al buddismo tantrico (Vajrayana), praticato soprattutto in Tibet (ma anche in Giappone, dalla scuola Shingon); più che somiglianza, si dovrebbe parlare d'influenza, in quanto questa forma di buddismo avrebbe dato il suo contributo alla scuola Tiantai = Tendai, e lo stesso Saicho, che portò questa scuola in Giappone, aveva studiato con impegno in Cina i testi tantrici.
Che io sappia, però, i discepoli di Nichiren (non è solo la Soka Gakkai a rivendicare la sua eredità spirituale) non hanno mai sviluppato il possente immaginario erotico del buddismo (e soprattutto dell'induismo) tantrico, immaginario da interpretarsi soprattutto in modo allegorico (per esempio, il fallo rappresenta gli “upaya = mezzi acconci” con cui il maestro introduce il “dharma = legge” nella mente del desideroso e consenziente discepolo - analogamente, ebrei e cristiani interpretano allegoricamente i versi espliciti del Cantico dei Cantici); le principali somiglianze stanno nel ritenere che i desideri possano essere d'aiuto e non di ostacolo nell'evoluzione spirituale, nella presenza di riti "esoterici" (cioè da rivelare solo agli allievi che il maestro ritiene maturi), e nella fede nel potere dei mantra, come appunto "Nam myoho renge kyo".
A questa formula vengono attribuite notevoli proprietà esemplificate da questo aneddoto che ho udito durante una riunione della Soka Gakkai: un uomo si era innamorato di una sua collega sposata. La donna ne era lusingata, ma non gli dava ovviamente alcuna speranza, ed il pover'uomo continuava a recitare il mantra nella speranza che colei che bramava gli dicesse di sì.
E' poco buddista cercare la propria felicità a spese di quella altrui, ma la situazione si risolse spontaneamente: l'uomo conobbe una collega libera di stato, e si sposarono felicemente. La morale che ne è stata tratta è che non sarebbe servito a nulla rimproverare l'uomo perché pregava con un'intenzione proibita - quel desiderio proibito dava invece alla preghiera tanta efficacia da fargli trovare una soluzione lecita e raccomandabile.
E' stato fatto anche notare però che l'evoluzione spirituale di una persona deve farle cambiare la natura di ciò che desidera: che un principiante preghi per un lavoro, un partner, od altre soddisfazioni personali è comprensibile; ma se passano gli anni e ciò che lui desidera non cambia, vuol dire che lui non si sta evolvendo.
Va precisato che, non postulando il buddismo l'esistenza di un essere supremo (anche se non mancano correnti buddiste che tendono a divinizzare Siddharta Gautama, detto "Buddha = l'Illuminato" o "Shakyamuni = Il saggio degli Shakya"), l'efficacia della preghiera va attribuita solo alla sua capacità di mobilitare le risorse interiori di chi le recita.
Infatti, per il Sutra del Loto e tutte le scuole che vi si ispirano (tra cui la Soka Gakkai) la buddità è un attributo dell'intero universo, e nessun essere ne è privo; ognuno è perciò invitato a scoprirla in sé, e può riuscirci da solo nella sua vita presente - la principale differenza dalla citata "Jodo Shinshu" è che quest'ultima non solo usa un diverso mantra ("Namu Amida Butsu"), ma affida i suoi fedeli al Buddha Amitabha (in giapponese "Amida"), perché senza il suo aiuto non raggiungerebbero l'illuminazione.
Per completare il quadro generale della concezione della sessualità secondo il buddismo Soka Gakkai, va detto che esso prescrive che essa sia vissuta nel quadro di un rapporto di coppia, assolutamente alieno da ogni costrizione: nessuno deve essere costretto a fare alcunché.
Per quanto riguarda l'omosessualità, non viene trattata diversamente dall'eterosessualità, ed esistono anche in Italia i gruppi "Arcobalena", in cui si ritrovano i buddisti Soka Gakkai LGBT, ed anche i non buddisti sono bene accolti.
Per quanto riguarda l'omosessualità, non viene trattata diversamente dall'eterosessualità, ed esistono anche in Italia i gruppi "Arcobalena", in cui si ritrovano i buddisti Soka Gakkai LGBT, ed anche i non buddisti sono bene accolti.
E' stato fatto notare che nei paesi a maggioranza buddista le leggi contro l'omosessualità sono state sempre frutto dell'influenza europea, non conseguenza della religione buddista, anche se non sono mancate puntate eterosessiste di alcuni esponenti.
Il più famoso è stato l'attuale Dalai Lama, il quale partendo dalla "naturalistica" constatazione che i genitali maschili e femminili sono fatti per completarsi e generare, condannò il sesso che non fosse la peniena [mi piacerebbe dire "penosa", ma non posso denigrare il mio sesso più di tanto] penetrazione vaginale - ma cercò poi di salvarsi in calcio d'angolo affermando che le relazioni omosessuali possono giovare a chi ne è membro ed alla società, senza però ritrattare la condanna del sesso non procreativo.
Come ho già scritto in altra occasione, il buddismo in Cina si è adeguato al dovere confuciano di riprodurre la specie e perpetuare la famiglia, per cui più che l'omosessualità, si consente la bisessualità, in quanto lascia aperta la possibilità di riprodursi.
Un esempio della dialettica tra buddismo e morale comune in Cina si trova nel romanzo erotico:
Il tappeto da preghiera di carne / Li Yu ; introduzione di Renata Pisu - 3. ed - Milano : Bompiani, 1994 - XXVII, 373 p. ; 19 cm. - I grandi tascabili ; 261
La morale comune cinese (d'impronta soprattutto confuciana, anche se Confucio avrebbe disapprovato le azioni del protagonista) fa del protagonista un giovanotto che cerca il successo a tutti i costi (rappresentato dal vincere i tremendi esami per diventare "mandarino") e mentre si prepara fa lo sciupafemmine (per giunta sposato!) che non manca di concedersi avventure gay.
Il "risveglio" gli farà però constatare i devastanti effetti delle sue intemperanze, e farà di lui un monaco, che emenderà il proprio karma a prezzo di una grande rinuncia - quella alla propria virilità.
Il monaco è, come da tradizione non giapponese, casto, ma nel romanzo le avventure gay non vengono riprovate di più delle infedeltà etero del protagonista, o di alcuni giochi erotici assolutamente privi di sentimento, comuni però nella tarda dinastia Ming.
In Giappone la situazione è piuttosto curiosa: nel 1676 il grande letterato Kitamura Kigin (1624-1705) provò a spiegare il buddismo giapponese a dei cristiani dicendo che Budda aveva sconsigliato ai suoi preti l'eterosessualità, consigliando invece l'omosessualità.
La Soka Gakkai non è maggioritaria in Giappone, ma il "Jodo Shinshu", la già citata corrente giapponese maggioritaria, non riconosce differenze sostanziali tra eterosessualità ed omosessualità, e celebra riti religiosi anche per coppie omosessuali.
Tra le fonti buddiste gay-friendly c'è il già citato "Brahmajalasutra = Sutra della Rete di Brahma", che contiene 58 precetti morali a cui deve attenersi il "Bodhisattva", cioè la persona che vuole non solo raggiungere la propria illuminazione, ma anche aiutare tutti gli "esseri senzienti" a raggiungerla; 10 sono i precetti maggiori, 48 i minori.
Il 40° precetto minore dice che non bisogna essere parziali o selettivi nel conferire i precetti, e per chiarire le cose, precisa che chiunque può riceverli: re, principi, funzionari, monaci, monache, laici, libertini, prostitute, asessuati, bisessuali, eunuchi, schiavi ...
Il 40° precetto minore dice che non bisogna essere parziali o selettivi nel conferire i precetti, e per chiarire le cose, precisa che chiunque può riceverli: re, principi, funzionari, monaci, monache, laici, libertini, prostitute, asessuati, bisessuali, eunuchi, schiavi ...
Inoltre, il 3° precetto maggiore vieta la "condotta sessuale irresponsabile", ma con essa si intendono le molestie, lo stupro, e la mancanza di rispetto in genere - l'omosessualità non è considerata "condotta irresponsabile".
Per giunta, come già accennato, il Sutra del Loto afferma che ogni persona, "indipendentemente dalle condizioni personali e sociali" (per citare la Costituzione Italiana), ha in sé le qualità di un Budda, e perciò merita il massimo rispetto. Ai sensi di questo Sutra, le discriminazioni sono quindi vietate.
Penso di riassumere il tutto dicendo che il buddismo è meno eterosessista ed omofobo di altre religioni perché, non postulando un creatore del mondo, è meno esposto al cadere nella "fallacia naturalistica", che fa credere che, poiché peni e vagine si sono "coevoluti" per procreare insieme, tale coevoluzione ne detti l'unico uso lecito.
Purtroppo, quello che esce dalla porta può rientrare dalla finestra: non esiste un dio creatore nel buddismo, ma la sua dottrina (dharma) vuole presentarsi con l'oggettività di una legge naturale e cosmica - e può giustificare argomentazioni come quella del Dalai Lama.
Raffaele/Leporello