Ho letto il libro di Valentina Colombo "Islam. Istruzioni per l'uso" (Oscar Mondadori 2009), e mi ha infastidito parecchio.
Lei riporta molti fatti allarmanti da prendere sul serio, ma sembra che per lei l'unica difesa contro l'estremismo religioso islamico sia sospendere il principio di eguaglianza garantito dalla nostra Costituzione, ovvero vietare ai mussulmani quello che è lecito agli altri.
Primo esempio è il jihad: normalmente si argomenta che la parola significa semplicemente sforzo (sulla via di Dio), e che il jihad nel senso di conquista militare di nuovi territori all'Islam va compiuto solo dopo aver completamente islamizzato (nell'ordine) il proprio comportamento, il proprio paese, i paesi già islamici.
Valentina Colombo argomenta che quest'interpretazione va bene tuttalpiù per i sufi, non certo per gli estremisti mussulmani (che lei ritiene maggioritari nelle organizzazioni islamiche europee); non posso contraddire chi ha tradotto diversi romanzi di Nagib Mahfuz, però devo per forza notare che, come esempio di suprema aggressività, lei non riesce a trovare di meglio che questa citazione di Hamza Roberto Piccardo (pagina 192 del libro di Valentina Colombo):
Quando la Comunità dei musulmani è aggredita, minacciata, oppressa o perseguitata, i credenti hanno il dovere di combattere esercitando il loro diritto-dovere alla legittima difesa.
A parte il fatto che non si capisce come si possa chiedere ad una comunità umana di lasciarsi schiacciare senza opporre resistenza (perfino l'assolutista Hobbes riconosceva all'individuo il diritto di resistere all'autorità dello stato che lo avesse voluto sopprimere), questa citazione di Piccardo mi ha ricordato il lato oscuro di un pensatore liberale, tale John Rawls, benedetta sia la sua memoria.
Nelle pagine 131-140 dell'edizione italiana della sua opera I diritti dei popoli (Edizioni di Comunità) egli discute dell'Eccezione dell'Emergenza Suprema, ovvero quando il pericolo per la libertà di un popolo sia tanto grave da consentire di colpire anche i civili della nazione nemica, e con armi di distruzione di massa altrimenti vietate.
Non posso riportare l'intera argomentazione, ma cito soltanto questo paragrafo:
Sono le circostanze a determinare quando vale l'eccezione dell'emergenza suprema, e il giudizio al riguardo sarà a volte differente. Il bombardamento della Germania da parte dell'aviazione britannica per tutto il 1941 o il 1942 poteva essere giustificato perché non si poteva permettere alla Germania di vincere la guerra, e questo per due ragioni fondamentali. Primo, il nazismo faceva presagire un male politico e morale di portata incalcolabile per la vita civile in qualsiasi parte del mondo. Secondo, la natura e la storia della democrazia costituzionale e il suo ruolo nella storia europea erano in pericolo.
Credo che sia praticamente impossibile trovare un jihadista capace di argomentazioni più feroci di quelle di Rawls - e sebbene io apprezzi il pensiero di questi, devo per forza respingere queste argomentazioni, che vengano da lui oppure da uno jihadista.
Sono molto contento che un altro gran liberale come Michael Walzer affermi che l'Emergenza Suprema non si verifica praticamente mai, e che gli stessi eventi che Rawls aveva classificato come emergenze supreme non lo erano - svuotando così di significato questa dottrina; ciononostante, devo ammettere che l'essere liberali non impedisce di dire bestialità, ed insospettirmi di chi contrappone l'estremismo islamico ai timidi tentativi di far nascere un liberalismo islamico - ma senza rendersi conto che non è solo l'islam ad avere scheletri di tirannosauro nel suo armadio, e che anche i pensatori liberali hanno delle gran bonifiche da fare in casa loro.
Mi si dirà: "Rawls parla di difesa, i jihadisti di offesa". A parte il fatto che ci sono dei jihadisti che presentano la loro lotta come guerra difensiva, l'arte della guerra si basa sull'inganno, ed anche Hitler, per giustificare l'invasione della Polonia nel 1939, incaricò dei soldati tedeschi con uniformi polacche di inscenare un incidente di frontiera che desse il pretesto per la "risposta".
Non c'è alcuna garanzia che una dottrina bellica elaborata per la difesa non venga poi convertita in dottrina offensiva - ed anche i piani del Patto di Varsavia partivano sempre dal presupposto che l'attacco fosse provenuto dalla NATO, sebbene i loro scopi non fossero la difesa dei loro paesi, ma l'occupazione del mondo libero.
Per questo bisogna disapprovare sia Rawls che i jihadisti che predicano una guerra senza esclusione di colpi (il Corano pone dei limiti alla condotta bellica, ma non sono stati sempre rispettati): potrebbero cercare di convincere il pubblico che combatte e paga le tasse che l'unico modo per salvarsi da un mortale pericolo sia il rinunziare ad ogni scrupolo umano, e soltanto se si dice loro di no, che anche il nemico ha la sua dignità umana, la guerra che si combatte ha un senso.
Altro esempio è quando lei riferisce che l'Arabia Saudita, che ogni anno ospita circa due milioni di pellegrini per lo Hajj (il pellegrinaggio alla Mecca), ha installato ai valichi di frontiera dei sensori che leggono l'iride di chi entra, per garantirsi che in mezzo ai pellegrini non ci siano terroristi.
Nessuno avrebbe il coraggio di discutere la scelta dell'Arabia Saudita, ma Valentina Colombo ha voluto strafare dicendo che la decisione dell'Arabia Saudita dimostra che fare una cosa del genere in Italia non sarebbe segno né di islamofobia né di razzismo.
Il problema, se Valentina Colombo non lo ha capito, è che sarebbe inutile usare gli scanner dell'iride se si fotografassero solo gli occhi di chi si dichiara mussulmano. Quindi non si può nemmeno pensare di fare un immondo racial profiling - bisogna fotografare tutti i viaggiatori.
Inoltre, lo scanner dell'iride ha il notevole vantaggio (agli occhi dei fautori del velo) di non imporre al soggetto di togliersi il niqab - e penso che questo sia stato uno dei principali motivi che hanno convinto il governo saudita ad adottarlo. Questo scanner non è certo un colpo mortale all'estremismo maschilista :-)
Io non avrei niente in contrario a farmi fotografare i miei begli occhi, ma esistono problemi di privacy e di fondi da stanziare per le apparecchiature e la gestione dei dati - prima di dire sì vorrei essere sicuro che siano soldi spesi bene e quei dati siano gestiti correttamente.
Tornando alle violazioni del principio di eguaglianza propugnate da Valentina Colombo, vorrei attirare l'attenzione sulla lamentela che riporta di un intellettuale egiziano copto che si lagna che lui paga le tasse come tutti, ma che il Ministero degli Affari Religiosi egiziano paga solo le spese per il culto islamico - e che i copti in Egitto sono fortemente discriminati, cosa resa più facile dal fatto che sulle carte d'identità egizie è riportata la religione.
L'egiziano citato ha pienamente ragione, e Valentina Colombo fa bene a riferircelo, ma non si capisce come mai quello che è giusto motivo di biasimo quando si tratta dell'Egitto viene da lei passato sotto silenzio quando si tratta di Israele, che (come ammette il suo stesso governo) pratica in forma attenuata le medesime discriminazioni.
Inoltre, anche in Israele le carte d'identità riportano la religione - non in chiaro, ma in codice: se il titolare è ebreo, la data di nascita è riportata secondo il calendario ebraico; se non è ebreo, secondo il calendario gregoriano. Se non è zuppa, è pan bagnato!
Mi si può rispondere che lei sta parlando dell'islam e non di Israele, ma nel libro continua a battere sul chiodo dell'antisionismo presente nel mondo islamico, come se fosse frutto esclusivo della malvagità dei mussulmani, e non ci fosse nessun motivo obbiettivo per lamentarsi della condotta di Israele.
Preciso che non ritengo i mali di Israele motivo per invocarne la fine - ma mi sono convinto che lei abbia prima deciso di mettere l'islam sul banco degli imputati, e poi abbia scelto i principi in base ai quali processarlo, senza badare a quali altri possibili imputati avrebbero dovuto essere chiamati a correo.
Inoltre, non sono solo i contribuenti egiziani ed israeliani ad aver motivo di lamentarsi che il loro denaro va a finanziare comunità religiose a cui non aderiscono. Anche il contribuente italiano può lamentarsene con ottime ragioni - ma di questa palese violazione della separazione della religione dallo stato, e della libertà religiosa, che vuole che lo stato non favorisca una religione rispetto alle altre, non troverete parola nel libro di Valentina Colombo. Lei non combatte per la libertà.
Valentina Colombo parla anche del matrimonio islamico, e che esso non sia paritario è biasimevolmente vero (anche se alcuni paesi hanno cercato di correggerlo); palesano però il suo doppiopesismo gli strali che ella lancia contro l''urfi, una forma di promessa davanti a Dio che però non crea un matrimonio giuridicamente valido.
Questa promessa, spesso pronunciata secondo lei anche nelle moschee italiane, viene talvolta usata per frodare le leggi contro la poligamia, tant'è vero che la legge tunisina considera bigamo e punisce anche chi contrae un 'urfi in costanza di matrimonio. Inoltre, Valentina Colombo rimarca che quest''urfi lascia la donna senza alcuna tutela né durante il rapporto né in caso di ripudio, nemmeno quella risicata prevista dalla shari'a.
Sulla poligamia, dico solo che lo stato ha il diritto di vietarla e punire i trasgressori; ma non capisco perché mai Valentina Colombo non lanci strali anche contro il matrimonio cattolico esclusivamente religioso, non trascritto nei registri dello stato civile. Anche se la chiesa cattolica cerca di evitare la situazione in cui una persona ha un coniuge secondo l'anagrafe ecclesiastica, ed un altro secondo l'anagrafe civile, pure questo tipo di matrimonio cattolico ha il difetto di lasciare la donna senza alcuna tutela.
Eppure agli occhi di molte donne cattoliche, vedove titolari di pensione di riversibilità, è un matrimonio allettante, in quanto le mette in pace con Dio e non compromette la loro pensione. Sarebbe interessante chiedersi se le donne che contraggono un 'urfi siano sempre vittime di un raggiro, e non persone che preferiscono la versione islamica dell'unione di fatto.
Se Valentina Colombo vuole che sia vietato l''urfi, oppure che produca effetti civili e penali ad onta della volontà degli sposi, deve per coerenza chiedere anche una modifica al Concordato che vieti alla chiesa cattolica di celebrare matrimoni esclusivamente religiosi, ed imponga la trascrizione nello stato civile di quelli già celebrati (di cui ogni diocesi tiene apposito registro).
Per giunta, Valentina Colombo si lamenta che ci siano tribunali europei (in primo luogo quelli inglesi) che non rifiutano di tener conto della shari'a quando si occupano del diritto di famiglia delle coppie mussulmane.
Non approfondisco la situazione inglese, ma faccio notare che chi (come anche il sottoscritto) non ama che un diritto religioso contamini un tribunale laico dovrebbe mostrarsi altrettanto deciso contro la disciplina del matrimonio cattolico con effetti civili in Italia, che non è quella del Codice Civile, ma quella data dal Concordato, che impone al diritto civile italiano di cedere in parte a quello canonico cattolico romano. Anche qui la parzialità di Valentina Colombo è evidente.
Inoltre, anche in Israele sono permesse cose che in Italia sanno di poligamia. Vi cito un caso che mi è stato raccontato: un signore già sposato si innamora di un'altra donna e va a vivere con lei.
La legge ebraica consente alla moglie di rifiutare il divorzio, salvo alcuni casi - ma non questo! Perciò il signore in questione non può terminare il suo matrimonio e, per tutelare la sua compagna, firma con lei un contratto da un avvocato.
Questo perché, anche se la Bibbia ebraica consente la poligamia, la legge ebraica successiva la consente solo in casi estremi, e la legge civile israeliana la vieta.
Non giudico questo signore, ma penso che la legge israeliana gli abbia consentito una sorta di poligamia - ed anche qui non si capisce perché le cose che attirano il biasimo di Valentina Colombo quando sono fatte dai mussulmani non le fanno aprir bocca quando accadono in Israele.
Altro doppiopesismo si ha nel campo dei matrimoni misti: quando sono i mussulmani a rifiutare il matrimonio di una mussulmana con un miscredente, questo è sintomo di chiusura; quando sono Benedetto 16° e Giacomo Biffi ad esprimere forti perplessità, essi esprimono condivisibile prudenza.
E su Israele Valentina Colombo ha detto qualcosa? Eppure l'inesistenza del matrimonio civile in quel paese rende impossibili i matrimoni tra ebrei e non ebrei, e complica parecchio la vita a molti ebrei che possono sposare solo persone particolari.
Per aggirare quest'ostacolo, molte coppie si sposano all'estero e poi chiedono allo stato d'Israele il riconoscimento del matrimonio - stratagemma valido anche per il Libano, ma non per altri paesi arabi e mussulmani come l'Egitto.
Inoltre, ebrei e mussulmani condividono l'opinione secondo cui chi sposa un gentile od un miscredente abbandona la propria gente; le conseguenze che ne traggono i mussulmani non le conosco (mi rifiuto di attribuire il delitto d'onore alla religione islamica pura e semplice), ma so che la tradizione ebraica vuole che chi fa quel passo venga trattato come un morto: viene pianto, non viene più contattato, e perde la sua parte di eredità.
Uno si domanda perché mai Valentina Colombo critichi il principio ispiratore di questo trattamento solo quando lo abbracciano i mussulmani - se è biasimevole (io lo ritengo disumano), lo è indipendentemente da chi lo mette in pratica.
Altra cosa molto fastidiosa è il suo atteggiamento verso le bevande alcoliche; ad onta del divieto coranico (non privo di incoerenze, come Valentina Colombo rileva), alcuni paesi mussulmani consentono e disciplinano legalmente la produzione di vino, birra ed altri alcolici. Però Valentina Colombo usa le cifre sul consumo di alcol pro capite (in forte discesa da alcuni decenni) per valutare la penetrazione e l'influenza dell'estremismo islamico.
Ora, se anche la diminuzione del consumo di alcol fosse esclusiva opera dell'estremismo islamico, sarebbe comunque estremamente meritoria: provate a chiedere ad un poliziotto o ad uno psichiatra se è più pericoloso un coniuge od un genitore cristiano alcolizzato od uno mussulmano astemio. Sarebbe meglio riconoscere che il proprio avversario una volta ogni tanto la fa giusta :-)
La cosa più grave mi pare il denunciare il desiderio di islamizzare l'Occidente con la predicazione. Ora, lo scopo è lecito ed il mezzo pure. Valentina Colombo può contrastare l'azione dei mussulmani scrivendo tutti i libri che vuole (e guai a chi cerca d'impedirglielo!), ma poiché tratta l'Europa come un paradossale waqf cristiano, che una sorta di spirito di Yalta riserva al cristianesimo, finisce con l'invocare restrizioni della libertà religiosa paragonabili a quelle che consegnarono l'impero bizantino ai califfi.
Infatti i bizantini furono tanto intolleranti da indurre le minoranze religiose a tradire il loro paese, perché si trovarono a scegliere tra la certezza delle persecuzioni da parte di Bisanzio e la promessa di tolleranza religiosa (anche se non di libertà religiosa nel senso di Martha C. Nussbaum) da parte dei califfi.
Scelsero i califfi, e fino all'Illuminismo la loro scelta fu la migliore. Non è tornando a prima dell'Illuminismo che si può sconfiggere il fanatismo religioso.